Speciale Shabbat Sheminì Atzèret
Zeraim propone ogni settimana il testo della parashà (il brano della Torà che si legge ogni sabato), insieme a interessanti materiali di approfondimento.
Questo shabbat cade il giorno di Sheminì Atzeret: in questa occasione si leggono due brani: il primo tratto da Devarim (Deutoronomio), parashà di Reè, dal verso 12 del capitolo 15 in poi; il secondo tratto da Bemidbar (Numeri), parashà di Pinchàs, dal verso 35 del capitolo 29 fino al verso 1 del capitolo 30.
Su questo secondo brano, zeraim ospita un breve commento di rav Roberto Della Rocca, tratto dal suo libro “Camminare nel tempo” ed. Giuntina.
“… l’ottavo giorno sarà per voi di chiusura …..” Nm. 29, 35
Con la festa di Sheminì Atzeret, letteralmente “ottavo di chiusura”, si conclude il ciclo delle solennità di Tishrì iniziate con il capodanno. Nella Terra di Israele questo giorno coincide con Simchat Torà, la festa in cui si conclude e si ricomincia il ciclo della lettura annuale della Torà, che nella diaspora invece costituisce un giorno di festa a sé stante conosciuto nell’epoca talmudica come yom tov acharon, “ultimo giorno di festa”, yom hasefer, “giorno del libro”, o anche come yom hasium, “giorno del completamento”. È soltanto dal IX secolo nel periodo dei gheonim che si è diffusa la consuetudine accettata da tutto Israele di collegare questo giorno alla gioia della Torà con la cerimonia delle hakkafot, i sette giri con cui si portano in processione i rotoli della Torà, che costituisce il momento più significativo della festa di Simchat Torà. Si estraggono tutti i sefarim, i rotoli che sono nell’aron hakodesh, si fanno sette giri intorno a un sefer posizionato al centro del bet hakeneset sotto la chuppà, il baldacchino nuziale, e si cantano inni di gioia in onore del Signore e della Torà.
Le hakkafot di Simchat Torà hanno quindi gli stessi significati del rito originale (invocazione della pioggia come nel Tempio di Gerusalemme dove si girava intorno all’altare nei giorni di Sukkot; auspicio politico della caduta dei nemici come nella storia biblica della caduta di Gerico quando i sette giri fecero crollare le mura della città), ma la tradizione mistica vi sovrappone il senso della ricerca di un contatto più intimo e diretto con l’Eterno e con il suo insegnamento, la Torà. Nell’immagine qabalistica i sette giri fanno cadere come a Gerico un muro, inteso però ora in senso metaforico come la barriera che ci separa dal Creatore.
Dice rabbì Israel Salanter: “Ciò che lo stupido non raggiunge a Yom Kippur durante la preghiera di Neilà, lo raggiunge il saggio a Simchàt Torà per mezzo della gioia”. Completando la lettura della Torà e ricominciandola da capo tra grandi festeggiamenti noi completiamo il ciclo delle feste di questo mese. Non è un caso che i maestri chiamino questa festa Atzeret, “conclusione” o “trattenuta”.
Secondo il midrash l’Eterno, dopo tanti giorni di festeggiamenti e offerte di sacrifici per tutti i popoli della terra, “trattiene” il popolo di Israele per un giorno supplementare per godere di una dimensione più intima. Infatti Sheminì Atzeret è una festa in cui non vi sono mitzvot specifiche, come la matzà, il lulav, la sukkà, lo shofar, ma soltanto ed esclusivamente la gioia di stare assieme.
Come una persona che offre un grande banchetto con tanti invitati e, nel momento in cui questi si congedano, chiede agli amici più intimi di trattenersi ancora un po’ con lui, magari togliendosi le scarpe, bevendo il “bicchierino della staffa” e commentando rilassati le dinamiche della festa.