Parashàt Tetzawèh
Ogni settimana Zeraim propone un pensiero sulla parashà della settimana a cura del direttore dell’Area Cultura e Formazione rav Roberto Della Rocca. Troverete qui anche il testo della parashà (il brano della Torà che si legge ogni sabato), insieme a interessanti materiali di approfondimento.
In questa pagina troverai anche la rubrica a cura di Micol Nahon “Horìm Uvanìm”, “Genitori e figli”, dedicato proprio allo studio di genitori e figli sullo stesso brano: un video da ascoltare e un racconto da leggere arricchito di midrashìm, seguìto da alcune domande per discutere e riflettere insieme.
La pagina ospita anche due rubriche kids e alcune pagine scelte da “La mia Torah”, le parashòt spiegate ai ragazzi, a cura di Anna Coen e Mirna Dell’Ariccia.
Shabbat Tetzawèh
La Torah (Shemòt, 4; 14) ci racconta che nel momento in cui Moshè prova a rifiutare l’incarico di guidare il popolo ebraico viene rassicurato dall’Eterno che Aròn, suo fratello maggiore, gli sarebbe andato incontro ed avrebbe gioito nel suo cuore. Probabilmente l’umile Moshè non vuole usurpare il ruolo di leader che, a suo avviso, sarebbe dovuto andare al fratello. In fondo Aròn è più vecchio di lui, non si è mai spostato dall’Egitto condividendo con il popolo la persecuzione, parla meglio di lui. Proprio in virtù di questa gioia nel cuore per l’investitura di Moshè, Aròn avrà il merito di portare nel suo cuore “tutti i nomi dei figli di Israele” (Shemot, 28; 30) incisi sulle pietre incastonate sul pettorale del giudizio attraverso i quali, come Sommo Sacerdote, interpretava la volontà dell’Eterno.
Con un mirabile paradosso la Torah usa, per entrambi i passaggi, la stessa espressione “al libò”, “sul suo cuore”. Questi stessi nomi dei figli di Israele si trovano sul petto, ma anche sul dorso del Sommo Sacerdote, come ad indicare che chi fa mostra dei figli di Israele ne deve, al contempo, sostenere il peso e la responsabilità sulle spalle. Il pettorale e il dorsale erano legati da bretelle che, anche quando il Sommo Sacerdote si spogliava di questi indumenti, non potevano essere mai slegate. Sarà quindi Aròn a rappresentare nei suoi abiti quel legame indissolubile tra onere e onore in ragione della sua capacità di gioire per il successo di un proprio fratello. Ci viene solitamente più naturale essere solidali nel dolore e nella disgrazia. Moshè e Aròn ci insegnano che la vera sfida è quella di riuscire ad affratellarsi nella gioia.
Rav Dott. Roberto Della Rocca