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Parashàt Chukkàt

Ogni giovedì Zeraim propone un pensiero sulla parashà della settimana a cura del direttore dell’Area Cultura e Formazione rav Roberto Della Rocca. Troverete qui anche il testo della parashà (il brano della Torà che si legge ogni sabato), insieme a interessanti materiali di approfondimento.

In questa pagina troverai anche la rubrica a cura di Micol Nahon “Horìm Uvanìm”, “Genitori e figli”, dedicato proprio allo studio di genitori e figli sullo stesso brano: un video da ascoltare e un racconto da leggere arricchito di midrashìm, seguìto da alcune domande per discutere e riflettere insieme.

La pagina ospita anche due rubriche kids e alcune pagine scelte da “La mia Torah”, le parashòt spiegate ai ragazzi, a cura di Anna Coen e Mirna Dell’Ariccia.

Shabbat Chukkàt 

“….Mosè alzò la sua mano e col suo bastone colpì la roccia …..” Nm. 20,11

Tre sono i termini maggiormente adoperati per definire una comunità: tzibbur, kahal/kehillà, edà.
Lo tzibbur può essere paragonato a una sorta di consorzio che deve assicurarsi alcuni servizi comuni fondamentali; il kahal/kehillà è una convocazione di assemblea permanente; l’edà è la forma più elevata di congregazione, con il suo significativo richiamo etimologico a quella radice che indica la testimonianza, edut. Come a dire che la sfida di ogni tzibbur e di ogni kehillà resta quella di riuscire a elevarsi e trasformarsi in una edà, un insieme di individui che stanno assieme per portare avanti una testimonianza e un progetto particolari.

Nella parashà di Chukkàt a Mosè viene comandato di convocare l’edà, di prendere con lui la verga e parlare alla roccia. Mosè invece convoca il kahal – anziché l’edà – e percuote la roccia da cui esce l’acqua con la quale il popolo si disseta. Anche se la roccia, che rappresenta il popolo, è dura e viene voglia di spaccarla con la forza dell’autorità (la verga), Mosè avrebbe dovuto tirare fuori l’acqua (paragonata sempre alla Torà) dal popolo ebraico “roccioso”, parlando e spiegando.
Il rapporto del popolo ebraico con Mosè è segnato da due analoghe contestazioni riconducibili alla mancanza di acqua. La prima ribellione per l’acqua avviene quando il popolo è appena uscito dall’Egitto, la seconda alla vigilia dell’ingresso in Eretz Israel. Se nella prima circostanza è stato sufficiente percuotere la roccia con la verga per far sgorgare l’acqua, nella seconda storia a Mosè viene richiesto di parlare alla roccia. Mosè, viceversa, sembra preferire la coazione a ripetersi riproponendo la stessa formula con cui ha agito quasi quarant’anni prima. Batte la roccia da cui esce l’acqua e per questo motivo viene sentenziata la fine della sua leadership.
A un leader non è concesso riciclarsi; deve invece comprendere che le modalità con cui gestisce una comunità in un certo momento non possono funzionare automaticamente in un altro periodo storico. Anche Mosè deve trovare nuove forme di comunicazione per tentare di far emergere ciò che è fluido come l’acqua da ciò che è duro e immobile come una roccia. Ci sono momenti in cui un leader deve bacchettare e altri in cui è indispensabile parlare alla propria comunità.

Rav Dott. Roberto Della Rocca