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Parashat Ytrò

Zeraim propone un pensiero sulla parashà della settimana a cura del direttore dell’Area Cultura e Formazione rav Roberto Della Rocca. Troverete qui anche il testo della parashà (il brano della Torà che si legge ogni sabato), insieme a interessanti materiali di approfondimento.

In questa pagina troverai anche la rubrica a cura di Micol Nahon “Horìm Uvanìm”, “Genitori e figli”, dedicato proprio allo studio di genitori e figli sullo stesso brano: un video da ascoltare e un racconto da leggere arricchito di midrashìm, seguìto da alcune domande per discutere e riflettere insieme.

La pagina ospita anche due rubriche kids e alcune pagine scelte da “La mia Torah”, le parashòt spiegate ai ragazzi.

Shabbat Ytrò 

Il popolo ebraico giunge finalmente di fronte al monte Sinai e sta per ricevere la Torà,  lo scopo ultimo dell’uscita dall’Egitto, della liberazione. “Partirono da Refidìm e giunsero nel deserto del Sinai, si accamparono nel deserto e là Israele si accampò di fronte al monte”(Shemòt, 19; 2). Rashì, il piu’ autorevole commentatore della Torà, spiega: “Israele si accampò là come fossero un solo uomo e un solo cuore, mentre tutte le altre volte che si accamparono lo fecero con spirito di contestazione e di dissenso”.

Ci troviamo di fronte a una delle più belle e famose interpretazioni di Rashì. In questo verso biblico “Partirono” è plurale come anche “giunsero” è plurale; “si accampò”, invece, è singolare. Ne deduciamo che solo di fronte alla Torà il popolo ebraico trova la sua unità e il suo denominatore comune. In verità, anche nel commentare il verso 10 del capitolo 14 di Shemòt, in cui si racconta degli egiziani che inseguono il popolo ebraico con obiettivi persecutori, Rashì ci dice: “Come fossero un solo cuore, un solo uomo”. Come è possibile? Dove finisce allora il mito della peculiare unità e solidarietà del popolo ebraico? Forse che anche i persecutori antisemiti possono avere la stessa unità di intenti degli ebrei di fronte alla Torà?  Al di là dell’apparente tautologia e osservando invece con attenzione, Rashì sta dicendo due cose molto diverse tra loro: per gli ebrei l’ordine è “uomo-cuore”, per i persecutori egiziani è viceversa “cuore-uomo”. L’ultima parola è quella che conta: gli antisemiti hanno solo lo scopo di perseguitare gli ebrei e al di là di questa complicità distruttiva non hanno null’altro in comune. L’unità del popolo ebraico si basa invece su un altro movimento, quello “uomo-cuore”. Le emozioni non possono mai costituire il punto di partenza, ma si presentano piuttosto come conseguenza di un vissuto intorno a un progetto comune. Ci ritroviamo di fronte alla domanda cruciale: per quale scopo noi ebrei stiamo assieme? Rashì ci ha già risposto.

Rav Dott. Roberto Della Rocca