Not in my name
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Il progetto “Not in my name. Ebrei, Cattolici e Musulmani in campo contro la violenza sulle donne” ha vinto il bando della Presidenza del Consiglio: “finanziamento di progetti volti alla prevenzione e contrasto alla violenza alle donne anche in attuazione della Convenzione di Istanbul” (D.P.C.M. del 27 gennaio 2017).
Ente capofila è stata l’Ucei, in collaborazione con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, la Comunità Religiosa Islamica in Italia, l’Interreligious Sudies Academy, il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, l’Associazione Donne Ebree Italiane.

Con questo progetto si è voluto contribuire alla consapevolezza critica e al depotenziamento di pregiudizi, discriminazioni e violenze di genere, attraverso l’affermazione dei valori etici universali di cui sono portatori i tre monoteismi, nella declinazione specifica di ciascuno. L’intento è stato quello di proporre un messaggio positivo, a partire dai nuclei fondanti di ciascuna delle tre tradizioni religiose, nella convinzione che essi configgono con qualsiasi fenomeno di violenza e discriminazione, anche all’interno delle proprie comunità storiche.

Al cuore del progetto vi sono stati tre seminari di P.C.T.O. (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) che hanno avuto luogo nell’A.S. 2019-2020, presso Roma, Milano e Torino, e hanno visto coinvolti circa 90 studentesse e studenti del triennio delle superiori.

Alla formazione hanno partecipato professionisti ed esperti in vari ambiti (religiosi, storici, giuridici, psicologici, comunicativi…). Il metodo è stato quello della formazione attiva, finalizzato a una sensibilizzazione critica dei giovani, a partire dalle loro stesse esperienze e soggettività e da una messa in questione dei loro stessi pregiudizi.
Sui pregiudizi di genere si è focalizzata l’indagine curata da Betti Guetta (Cdec) ed elaborata in aula attraverso specifici focus group.

Al fine di fare dei giovani gli attori e gli ambasciatori di un cambiamento sociale e culturale effettivo, la formazione si è conclusa con un concorso “per la migliore proposta di comunicazione innovativa di contrasto ai pregiudizi, alle discriminazioni e alle violenze di genere”.
Gli studenti hanno partecipato con undici lavori di gruppo, realizzati sulla base dei molteplici spunti tematici e metodologici ricevuti durante il percorso formativo e alcune linee guida generali.
È risultata vincitrice la proposta realizzata da studenti del Liceo statale Caravaggio e del Liceo Lucio Anneo Seneca di Roma: si tratta di una campagna social su instagram, finalizzata a sondare il livello di conoscenza dei giovani su dati e contenuti inerenti i fenomeni di violenza sulle donne.
Altri cinque progetti hanno ricevuto menzioni d’onore.
Il progetto vincitore è stato oggetto di una campagna di comunicazione per la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne (25 novembre 2020), che ha avuto Gessica Notaro come testimonial.
I programmi formativi e le proposte concorsuali sono pubblicati sul sito:

https://notinmyname.school/progetti/.

GUARDA L'INTERVISTA

Con Betti Guetta e due studenti che hanno partecipato alla formazione e al concorso: Aurelia Bernabei e Alessio Camminati

Il contrappunto di Evelina Meghnagi

Al cuore di questo progetto – vincitore di un bando della Presidenza del Consiglio dei Ministri, realizzato con la collaborazione di diversi enti, tra i quali l’Ucei come capofila – è stata una proposta formativa nelle scuole superiori, volta a sensibilizzare i giovani sul problema delle violenze contro le donne, così come dei pregiudizi e delle discriminazioni nei loro confronti che ne sono alla base. Nella consapevolezza della complessità del problema, della sua pluralità di implicazioni, della sua trasversalità e delle sue radici storiche, sociali e culturali, sono stati coinvolti professionisti ed esperti di varie discipline, in dialogo con il punto di vista delle tre religioni monoteiste.

Sensibilizzare significa far diventare la formazione esperienza, connettere e integrare mente e corpo, pensiero e azione, parti razionali ed emotive, sé e gli altri. È possibile stimolare i giovani a uno sguardo critico e autocritico, anche sui propri pregiudizi, solo facendo loro sentire che si tratta di un problema che li riguarda in prima persona e coinvolge le loro relazioni e i loro contesti quotidiani; ma anche aiutandoli a sperimentare, già nella formazione, che su questo problema essi stessi hanno la possibilità di intervenire e produrre dei cambiamenti.

In linea con questa impostazione metodologica, i seminari sono stati preceduti e affiancati da un’analisi delle opinioni, delle rappresentazioni, degli atteggiamenti e dei pregiudizi dei giovani coinvolti, attraverso la somministrazione di un questionario e la partecipazione a dei focus group. Betti Guetta, ricercatrice del Cdec che ha curato questa indagine, ne ha raccontato i principali risultati: accanto a immagini stereotipate del “femminile” e del “maschile”, emerge un forte desiderio di liberarsi dalle “gabbie” dei pregiudizi e una postura utopica e trasformativa.

Al fine di portare la formazione fuori dall’aula, il progetto si è concluso con un concorso, per il quale le studentesse e gli studenti hanno dovuto creare in gruppo delle proposte “di comunicazione innovativa di contrasto ai pregiudizi, alle discriminazioni e alle violenze di genere”.

Aurora Bernabei, ex studentessa dell’Istituto superiore Vincenzo Gioberti di Roma, e Alessio Camminati, ex studente del Liceo Caravaggio, hanno dato una testimonianza dell’esperienza formativa e presentato i progetti che hanno contribuito a realizzare. Progetti che si sono classificati rispettivamente al secondo e al primo posto nel concorso.