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Il Pensiero di Else Lasker-Schüler

IchundIch (IoeIo) non è solo il titolo di una delle ultime opere di Else Lasker-Schüler. Questo neologismo sembra definire più in generale il processo di frantumazione e moltiplicazione del soggetto poetico che caratterizza tutta la produzione della poetessa tedesca. L’io non è solo l’Altro (Rimbaud), ma un io multiplo che assume simultaneamente le più disparate e, in apparenza, contradditorie identità. Tra queste, il soggetto poetico mostra però una predilezione spiccata per il travestimento orientale e in particolare per due figurazioni del sé: la principessa Tino di Bagdad e il principe Jussuf. Emblematica è in tal senso la circostanza che Lasker-Schüler si presentasse nei panni di queste due figure non solo nei testi letterari, ma anche nella concreta realtà biografica, apponendo i loro nomi a firma e sigla della sua opera. La poetessa persegue infatti un progetto avanguardistico di interscambiabilità fra sé e figura in cui entrambi questi termini sono spogliati di una referenza immediata, di un rimando diretto alla realtà extratestuale. La figurazione e il travestimento orientale del sé, la simultanea esistenza di più ego consentono alla poetessa di ribaltare la propria condizione di emarginazione sociale, in quanto artista, donna ed ebrea.

Il rapporto con l’ebraismo funge da filo rosso che si dipana attraverso i testi, come si evince proprio dal gioco autofinzionale che la poetessa instaura con la figura di Yussuf, il principe di Tebe, chiaramente modellata sul Giuseppe biblico, pur se non priva dei tratti svagati e funambolici propri dell’artista della bohème. Attraverso la creazione letteraria, Lasker-Schüler istituisce una identità di natura retorica e testuale, alternativa e metaforica, in continua ridefinizione, basata sulla poesia e sull’esercizio dell’arte e sottoposta al principio della metamorfosi. Si tratta di un esperimento avanguardistico tra i più radicali che abbatte il confine tra vita e poesia, autore ed opera, traducendo le esperienze biografiche, pur riconoscibili in nuce, in tasselli di una “poetografia” (Feßmann) che non obbedisce alla coerenza temporale o spaziale per inseguire piuttosto le libere associazioni degli stati onirici (si pensi ad esempio alle Notti di Tino di Bagdad o al romanzo Il mio cuore). La Berlino delle avanguardie rivive nella città di Tebe su cui regna Else Lasker-Schüler / principe di Tebe. Berlino e Tebe sono interscambiabili al pari dell’io empirico e di quello autofinzionale. Il lussureggiante regno orientale costruito dalla poetessa nel tessuto urbano della capitale tedesca è il territorio in cui l’artista – e soprattutto l’artista donna, la cui attività si colloca nel segno di una doppia marginalità (cui andrebbe aggiunta anche la marginalità etnica in quanto ebrea) – può negli interstizi degli spazi metropolitani ritagliare la sua sfera d’azione, facendo del suo status di outsider la condizione per l’evocazione della splendida città di Tebe. Gli itinerari berlinesi della scrittrice disegnano una nuova topografia della capitale del Reich in cui si innervano reminiscenze orientali.

La ricorrenza di tematiche vetero-testamentarie nell’opera della poetessa e la raffigurazione del sé come orientale obbediscono al medesimo impulso di ricerca delle radici della propria cultura e della propria identità che animava il cultursionismo nella riscoperta dell’“ebreo come orientale”. Esse non devono però far dimenticare la dinamica corrosiva vitale (o vitalistica) e l’ironia che in forma di double-voiced discourse (E. Showalter) percorre i testi della poetessa tedesca, il connubio di elemento picaresco e sublime al contempo (V. Liska) delle sue opere. Entrambi questi aspetti si aprono in Lasker-Schüler a dinamiche connesse al problema dell’autorialità femminile. Il sublime è da leggersi in tale ottica in senso orizzontale, non come aspirazione a una grandezza superiore e sovrumana, bensì come strategia dello sconfinamento, del superamento dei confini dell’individualità, come apertura al molteplice, alla mobilità e al confronto con l’alterità. La prospettiva ironica sul sublime, che priva questa categoria di qualsiasi pretesa di superiorità gerarchica, si completa con quella del picaro, una figura che con la sua giocosa anarchia sovverte gli schemi precostituiti e soprattutto le strutture patriarcali.

 

Nell’immagine a sinistra: Il poeta in esilio. Disegno di Else Lasker-Schüler, 1935-1942, NLI, Else Lasker-Schüler Archive, Call number: ARC. Ms. Var. 501 03 56.

Nell’immagine a destra: Il principe Jussuf. Cartolina di Else Lasker-Schüler a Franz Marc (1913), Museo Franz Marc, Kochel am See, Fondazione Etta e Otto Stangl

 

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