“La moderazione” – Il sentiero dei Giusti di Ramchàl
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“La moderazione” – Il sentiero dei Giusti di Ramchàl

“La moderazione” – Il sentiero dei Giusti di Ramchàl

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La moderazione

“L’essere puliti dal peccato porta alla moderazione”.

Fino a questo punto abbiamo analizzato cosa serve all’uomo per diventare giusto, da qui vedremo di cosa ha bisogno per diventare santo. D’ora in avanti analizzeremo delle qualità che sono obbiettivo di un gruppo più ristretto di persone.

Intanto dobbiamo intendere il termine “santo” anche quale “distinto” e “separato” sia dalla materia che dalle trasgressioni, come è scritto anche nella parashà di Qedoshìm[1].

Facciamo ora una piccola premessa. Per la Torà la materialità non è considerata negativa in quanto tale, non bisogna fuggirla sempre e comunque, ma possiamo e dobbiamo avere un rapporto con essa perché è anche attraverso di essa che ci possiamo avvicinare ad Hashèm. È necessario però goderne secondo le regole, in questo modo la eleveremo e compiremo quello che è il nostro scopo qui nel mondo, elevare la materialità e così terminare l’opera della creazione.

Facciamo degli esempi. Il Signore ci ha dato la possibilità di godere di tutto il creato, ma possiamo mangiare solo seguendo le regole della kasherùt[2]; oppure: quando io bevo un bicchiere d’acqua e faccio una benedizione, quella non sarà più solo acqua, ma acqua con il nome di Dio, in tale modo sarà elevata.

In questo capitolo ci viene detto di acquisire la middà della moderazione, per santificarci astenendoci in parte anche da ciò che è permesso. Dunque dovremmo godere della materia solo per quel minimo che ci serve per poter studiare Torà e mettere in pratica le mitzvòt.

È come se avessimo tre recinti: il divieto vero e proprio scritto nel testo biblico, le “ghezeròt”, ossia i divieti che hanno aggiunto i maestri per evitare che si trasgredisca inavvertitamente un precetto del testo, e infine c’è l’ambito delle precauzioni che si assume chi cerca di moderarsi anche nel campo del permesso. Chi, per esempio, non indulge nel mangiare più del dovuto a meno che non si tratti di un pasto di mitzvà, perché sappiamo che spesso la sazietà porta alla disubbidienza a Dio e all’annebbiamento, mentre il bere troppo può condurre a dei comportamenti scorretti.

Dare troppo peso alle cose mondane ci porta a trascurare la Torà, come è noto. Mettere al primo posto il vestiario può essere sintomo di vanità, mentre è più opportuno dedicare un bell’abito allo Shabbàt e alle feste. Utilizzare troppo tempo per passeggiare e chiacchierare può far cadere nella maldicenza e nella superficialità.

Ma è anche scritto: “Non essere giusto in forme esagerate[3]”, ossia non dobbiamo strafare in questo tipo di privazioni e soprattutto è bene agire coerentemente al nostro livello spirituale, procedendo in tale percorso in modo graduale. C’è chi addirittura sottopone il proprio corpo a sofferenze e automortificazioni che il Signore non desidera: ciò è da sconsigliare.

Talvolta, infatti, ci si priva di ogni cosa per salvarsi dalla cattiva inclinazione ma, la vera sfida è riuscire a ricordarci del Santo Benedetto in ogni situazione, anche in quelle più basse, come è scritto nei Proverbi “In ogni tua strada lo conoscerai”.

La moderazione si articola su tre livelli: in riferimento ai piaceri, all’osservanza dei precetti e alla vita sociale. Il primo livello è stato già sviscerato sopra, ora vediamo gli altri due.

In rapporto all’osservanza dei precetti, essere moderati significa essere rigorosi nella applicazione delle mitzvòt: per esempio mangiare solo alimenti con un eqshèr[4] minuzioso, prendere il lulàv[5] più bello a Sukkòt anche se molto costoso ecc.

In rapporto alla vita sociale, invece, vuol dire separarsi dalla società e dalla politica per quanto possibile, anche se è scritto “Non ti separare dal gruppo[6]”, bisogna dunque trovare il giusto equilibrio in relazione al proprio status.

Per acquisire tale virtù dobbiamo quindi riflettere sull’apparente bontà e sulla temporaneità di tali piaceri in contrapposizione alla perdita che ci procurano.

[1] Vaiqrà 19.1.

[2] Della alimentazione permessa.

[3] Qoèlet 7.16.

[4] Controllo.

[5] Si fa riferimento alle quattro specie di piante che si agitano durante la Festa delle Capanne.

[6] Avòt 2.4.

Di Micol Nahon Moscati

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