“L’innocenza” – Il sentiero dei Giusti di Ramchàl
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“L’innocenza” – Il sentiero dei Giusti di Ramchàl

“L’innocenza” – Il sentiero dei Giusti di Ramchàl

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L’innocenza

“La dedizione conduce all’essere puliti dal peccato”.

Il termine che viene usato dal Ramchàl è “nekiùt”, letteralmente “pulizia” e consiste nello sradicare dalla nostra persona ogni peccato e ogni ombra di peccato, anche quelli meno visibili, affinché le nostre azioni siano trasparenti e pure.

Arrivare a tale virtù non è semplice perché “il peccato si nasconde dietro alla sua giustificazione”. Molto spesso il nostro istinto cattivo ci induce a sbagliare convincendoci che c’è anche del buono in quello che stiamo facendo, quando in realtà è tutt’altro che così. Per esempio a volte parliamo male di qualcuno dicendo a noi stessi che lo stiamo facendo solo per aiutare la persona che ascolta o per ricavare un insegnamento ma, a rigor del vero, proviamo anche piacere da questa trasgressione.

Nel testo che stiamo esaminando, il grande maestro padovano ci illustra quali sono i peccati più comuni e come si può fare per astenersi dal compierli e per essere quindi completamente puliti.

Bisogna stare attenti a non cadere nel furto, in tutte le sue forme. Anche chi interrompe il suo lavoro o è colpevole di frode facendo apparire la sua merce più bella di quello che è realmente, chi presta denaro a interesse, è colpevole di furto.

Le piogge ritardano a causa di questa trasgressione e dobbiamo sapere anche che il diluvio ai tempi di Nòach arrivò proprio per punire tale peccato.

In generale dobbiamo riuscire a porre un freno all’avidità che ci porterà a rubare e a sbagliare in questo ambito.

Allo stesso modo è opportuno mettere a bada il desiderio sessuale che ci può portare all’adulterio e alle relazioni proibite. Non dobbiamo toccare o abbracciare, guardare o parlare con chi non ci è permesso.

È necessario porre attenzione a quello che mangiamo perché i cibi proibiti fanno entrare impurità nell’anima dell’uomo al punto che la Presenza di Dio si allontana da lui e il cuore diventa chiuso e meno recettivo verso la spiritualità. Ciò che mangiamo diventa carne della nostra carne, per questo è bene essere rigorosi. Dobbiamo considerare il cibo non kashèr[1]come veleno perché tale è per la nostra persona.

Poi il Ramchàl passa a elencare alcuni precetti che riguardano il rapporto con il nostro prossimo.

Dobbiamo astenerci dall’umiliare il nostro compagno in pubblico o in privato, dall’affliggerlo con le parole perché è scritto che è preferibile buttarsi in una fornace piuttosto che trasgredire tale precetto.

Non metteremo “un inciampo davanti a un cieco[2]” dandogli dei consigli sbagliati, non faremo maldicenza, non proveremo odio e non ci vendicheremo superando la nostra natura e perdonando le offese, perché è scritto “Amerai il prossimo tuo come te stesso[3]”.

Non saremo menzogneri o poco sinceri anche solo per apparire più interessanti o per scherzare, perché il Santo ha scelto la verità come Suo sigillo e, secondo i maestri, la verità è uno dei tre pilastri del mondo[4].

Il testo continua raccomandando un’attenzione particolare per alcune mitzvòt base e onnicomprensive.

Non dobbiamo profanare il Nome di Hashèm, ossia non dobbiamo fare qualcosa che possa svergognare la Torà in pubblico. Dobbiamo stare attenti a comportarci nel modo che ci si addice, ognuno secondo il suo livello.

Dobbiamo osservare lo Shabbàt e le feste anche se ciò significa interrompere ogni occupazione commerciale.

Infine ci esorta a lavorare proprio su quelle qualità morali che determinano le nostre azioni.

È necessario eliminare l’orgoglio senza credere di meritare elogi, né essere troppo umili perché, in questo modo, in realtà mascheriamo la nostra superbia. È bene saper imparare da tutti e considerare ogni persona migliore di noi. Dicono i maestri che chi è molto egocentrico non lascia spazio al Signore, mentre Hashèm è proprio vicino a chi sa farsi piccolo e Lo lascia entrare. L’orgoglio ci impedisce di vedere i nostri difetti e le nostre debolezze e quindi ci allontana dal miglioramento.

Strettamente connessa alla superbia è l’ira, dalla quale dobbiamo fuggire con tutte le nostre forze. La rabbia ci fa perdere il controllo su noi stessi e la capacità di giudizio, ci rende uguali alle bestie, ci porta a commettere altre trasgressioni. Chi riesce a bloccarsi prima di scoppiare e arrabbiarsi, supera sé stesso meritandosi l’appellativo di Uomo. Anche il rimprovero deve essere senza collera, deve essere un ammonimento obbiettivo e costruttivo. “Il mondo sussiste solo grazie a colui che frena la sua lingua nel momento del litigio[5]”.

È bene lavorare su di noi per eliminare anche l’invidia e la gelosia, non dobbiamo desiderare ciò che appartiene al prossimo ma accettare e essere contenti di quello che ci manda Hashèm, in caso contrario mancheremmo di emunà, di fede.

È opportuno eliminare o attenuare i nostri desideri materiali: la brama di denaro e di onori che ci fanno trascurare ogni giorno tefillòt e comandamenti. “Chi aumenta le proprietà aumenta le preoccupazioni[6]” è scritto. Per quanto riguarda la ricerca di onori poi, è giusto sottolineare che l’unico onore consiste nella conoscenza della Torà e della Verità.

Per acquisire l’innocenza il mezzo migliore è lo studio degli insegnamenti normativi e morali dei maestri per sapere cosa è permesso e cosa e proibito e per migliorare i nostri caratteri.

[1] Non adatto.

[2] Vayqrà 19.14.

[3] Vaiqrà 19.18.

[4] Avòt 1:8.

[5] Chullin 89°.

[6] Avot 2.7.

Di Micol Nahon Moscati

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